Franco Guerzoni è nato nel 1948 a Modena, dove vive e lavora. Nel 1970 intraprende diverse, non tradizionali e spesso effimere pratiche di produzione artistica, molto sperimentali e vicine alla fotografia; il contesto è di forte influenza concettuale e intenso scambio con altri giovani artisti, Franco Vaccari, Claudio Parmiggiani, Giuliano Della Casa, Carlo Cremaschi, Luigi Ghirri. Nel 1973 tiene la prima personale alla Galleria G7 di Bologna, Archeologia. In questi anni l’artista presta grande attenzione al mondo archeologico e alla memoria, elaborando anche libri-opera che affrontano i temi del viaggio, dell’immagine e della sua ambiguità. Viaggia in Turchia, Iran, Afghanistan, India e Nepal; passaggi testimoniati da mostre come Blow-Up (1976), Foto-grafia, a cura di Arturo Carlo Quintavalle nel ’77, e Il tesoro di Begram (1978) da Trisorio di Napoli. Nei primi anni Ottanta si avvicina alla pittura intesa come materializzazione e non rappresentazione della parete o “resto” dove si compie la sua personale operazione archeologica: nascono grandi carte gessose, esposte in Carte di viaggio, alla Villa Romana di Firenze, Cosa fanno oggi i concettuali?, alla Rotonda della Besana, e Scavi superficiali alla Galleria Civica di Modena. Alla fine del decennio Guerzoni intraprende grandi cicli di opere quali Decorazioni e rovine, presentato alla Biennale di Venezia del 1990, e Restauri provvisori, alla Galleria Comunale d’Arte Moderna di Bologna. Un’ampia retrospettiva viene allestita nel 1996 alla Galleria Civica di Arte Contemporanea di Trento, mentre è del ’99 la personale Orienti, a Palazzo Massari di Ferrara. Nel 2002 tiene una personale all’Ettersburg Schloss di Weimar, nel 2004 a Palazzo Forti di Verona e nel 2006 alla GAM di Torino. Nel 2011 il suo lavoro è incluso nel Padiglione Italia della LIV Biennale di Venezia mentre nel 2013 Palazzo Pitti organizza l’antologica La parete dimenticata. Fra le personali più recenti si annoverano soltanto Nessun luogo, da nessuna parte. Viaggi randagi con Luigi Ghirri, alla Triennale di Milano, Archeologie senza restauro al MAMbo di Bologna.
L’artista, a proposito della mostra 'Limmagine sottratta' ha dichiarato: “Con un’espressione della curatrice Martina Corgnati, che faccio mia, l’esposizione dovrà essere “intima” come intimo è lo spazio che la riceve al Museo del Novecento: la grande sala della Lanterna e lo spazio dell’Archivio. Non inseguirà l’ambizione di narrare una biografia, quanto piuttosto accettare la frammentarietà di alcune stagioni di ricerca che qui cercano di incontrarsi in una distanza temporale significativa. Saranno esposti lavori dei primi anni Settanta che come ninfe volanti cercano un contatto con ricerche attuali e ne costituiscono credo, ancora, la spinta propulsiva, un ricordo mai sfumato nel suo passato. Così le piccole edicole in gesso recanti una foto di case sventrate dal titolo “Affreschi” sembrano essere ancora oggi la suggestione che sussurra ai dipinti attuali, di grande formato, il fascino che mi suscita la pittura opaca, la parete dimenticata e il fatto di accudirne i frammenti: tutte idee che mi accompagnano fino alle stratificazioni delle grandi tavole di “Archeologie senza restauro” o i “Paesaggi in polvere” che ne sono gli esiti più recenti. L’occasione consentirà inoltre di presentare piccoli inediti, stanze in miniatura da percepire attraverso uno sguardo sghembo che costringe lo spettatore in un movimento rotatorio del capo a cercarne l’enigma celato; “Intravedere” ne è il titolo. Le grandi teche di vetro che circoscrivono l’archivio consentono l’esposizione di quel “Museo Ideale” costituito da gessi colorati che corteggiano il bassorilievo, vere pareti da sfogliare, un’archeologia del quotidiano nel quale anche il piccolo frammento di ieri dialoga con forme del remoto. Uno spazio timido e sorridente appare quello dedicato all’esposizione di carte, foto e documenti che s’incaricano di narrare l’origine del lavoro tra euforie e sconfitte: sono quegli “Irrisolti” che desiderano essere guardati con l’indulgenza di chi vuole assistere al teatro creativo germogliato tra le tante influenze e contaminazioni assimilate dalla fine degli anni Sessanta fino ai primi Settanta, quel cercare il “nuovo” a tutti i costi tra i fuochi delle avanguardie e l’antagonismo politico. Eludendo un’antologia vera e propria che mi avrebbe costretto a congiungere in un percorso rettilineo il mio lavoro, preferito il labirinto offerto dai suoi mille frammenti. È inoltre per me piacevole rivedere alla luce fredda dei grandi tavoli luminosi dell’Archivio tutta la mia produzione di libri-opera, accompagnati da testi di amici scrittori, critici e storici dell’arte. Queste particolari realizzazioni sono certamente la parte più pensosa del mio lavoro. Libri da agire editi in pochi esemplari accompagnati dalle parole affettuose di Sebastiano Vassalli, Adriano Spatola, Emilio Mattioli, Paolo Fossati, Henry Martin soltanto per citarne alcuni. Le immagini che compaiono nei volumi sono spesso collaborazioni fotografiche con Luigi Ghirri e Franco Vaccari. In realtà se l’esposizione dei dipinti ha rifuggito l’idea antologica, i libri-opera rappresentano invece una vera e propria antologia. (Franco Guerzoni)