" Indietro e avanti, dal passato al futuro. Ci sono esperienze quotidiane e concrete, come quelle di alcune lingue, in cui basta un nonnulla (una waw inversiva, ad esempio) e la trasformazione è immediata. Tuttavia, di consueto, l’operazione non è così facilmente praticabile dagli umani, salvo che nella finzione cinematografica. Ariberto Badaloni, esponente dell’arte visionaria contemporanea, rappresenta l’eccezione: perché è un artista così imprevedibile da riuscire a percorrere, con i mezzi estetici, persino un viaggio nel futuro e ritorno. Ciò che è impossibile nella realtà, del resto, diventa fattibile nell’arte, soprattutto quando si tratti di un autore che esplora la dimensione del “fantastico”. Occorrono, ovviamente, precisi requisiti perché il miracolo possa accadere, a partire da solidi strumenti di mestiere e da un’attenta passione per la ricerca.
Da questa debita premessa deriva la lettura dell’impatto delle sue opere. Prende quindi vita, in mostra, un racconto grafico cromatico che parla di sogni, di intrecci intimi e a stento rivelati, di un mondo in cui le immagini si sovrappongono alle sensazioni ed evocano ricordi camuffati da visioni. È un’arte che usa in qualche modo lo stesso linguaggio della poesia: messaggi suggeriti ma non spiegati, così da trasmettere sensazioni capaci di legarsi a personali, intime e diversificate esperienze sia del mittente che del destinatario. Cascate di spuma e di colore, sfumature sapienti, contrasti di luce e ombra suggeriscono, ininterrottamente, un segno solido, la persistente memoria di vecchi studi coniugati alla sperimentazione. In questo modo l’artista arriva a dipingere un mondo smarrito nell’amnesia del rispetto di questa terra che ci è stata regalata e può creare opere come la flautista del diavolo, la cui musica sembra farci scivolare alla deriva, in un mare che tutto sommerge. È qui bandita ogni bucolica vanità, ogni apparente relazione con le mode della contemporaneità à la page. Le sue sono immagini di calcolata visionarietà, appartenenti a un artista sempre animato da speranze, ancorato all’idea che il compito dell’arte sia un necessario progresso. Nasce così l’idea di cammino senza fine verso il futuro, verso condizioni umane più eque: occorre oltrepassare il “giogo del presente”, riannodare correttamente il filo rosso del passato e spingersi verso l’utopia. Per questo scopriamo un procedere per frammenti, per flashback, in una sorta di costante rinnovata irriverenza, che si compiace di ristabilire un armonioso equilibrio tra figurazione e ammonimento. L’autore guarda alla bellezza della vita. È il monito di passeggiando nell’acqua. L’acqua sulla Terra è abbondante e non può finire. Ma la fonte vitale che invece può estinguersi è l’acqua necessaria a sostenere la vita umana, la fonte salvifica dell’esistenza…
Sono questi i temi che alimentano una pittura in bilico tra bellezza e ragione, alla ricerca di una sintonia tra piani inconciliabili: politica e forma. In questa dimensione di strano strabismo culturale, grazie a una pittura pulitissima e preziosa, emergono messaggi importanti, sottesi ai pensieri che affiorano nella rappresentazione. Ariberto osserva un mondo che gli appare sull’orlo del precipizio, ne parla in Passaggio per l'altro mondo, per indicare, dietro l’apparente semplicità dell’icona testuale, una sofisticata e intensa struttura di significazione. Nella sua indagine, estraniata ed estraniante, ci dice che la bellezza cerca di salvare il mondo ma sempre più faticosamente. Dietro la citazione, dietro il riferimento alla pala di Brera non c’è (o non c’è più) la fiducia nella ragione, così come il rimando alla Grande onda di Hokusai denuncia il progressivo innalzamento degli oceani nell’impotenza di porvi rimedio.
Si dispiega un repertorio mirato di immaginario popolare e di reperti prelevati dal gran bazar della storia dell’arte. È il suo linguaggio a parlarci anche delle nostre paure. È l’invito ad un cammino in cui il filo del passato e del passato prossimo deve legarsi al traguardo di una umanità futura, visibile appena oltre le secche del quotidiano. Ogni opera incalza così il riguardante, a cui chiede di sintonizzarsi sulla striscia figurativa del suo flusso immaginifico, mentre la pittura e la grafica evocano sensazioni visionarie, favole psichedeliche, perturbazioni imprevedibili del cuore. Il suo Sassofonista (Charlie Parker) suona come un torrente in piena, inondando il pubblico di strani cromatismi, di iridescenze di gialli-arancio, di note che sembrano storte ma che si armonizzano in un assolo appassionato. Così, alla fine, la sequenza di note-colore diventa metafora di una pittura libera, simile al Jazz, che procede in tonalità anche dissonanti ma forti, capaci di entrarci dentro e cavar fuori interiori di verità, proiettate nel futuro. È in questo modo che si restituisce al tempo il suo valore e il suo potere di attingere al passato per pensare oltre il presente. Si scioglie perciò, alla fine, in uno sguardo complessivo al percorso in mostra, il filo chiarificatore di una matassa che sembrava ingarbugliata: contaminazioni e accostamenti confluiscono nella spirale del susseguirsi tematico. Assumono dunque un senso di assoluta novità espressiva i colori cadenzati, le stridenti campiture, i segni dalle sonorità impetuose, le tessiture segniche risolte con onirica leggerezza. E intanto alcune immagini, in un intento pittorico di amara verità, sotto i nostri occhi, diventano taglienti, come pagliuzze secche che penetrano negli occhi e che fanno male." - Gianfranco Ferlisi, 2022
Passato, prossimo, remoto, futuro! Viaggio estetico nell’opera di Ariberto Badaloni
ARIANNA SARTORI - ARTE & OBJECT DESIGN
Mantova - Via Cappello 17 - Tel. 0376 324260
Orario
dal Lunedì al Sabato 10.00-12.30 / 15.30-19.30.
Chiuso Domenica e Festivi.
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