Il giorno giovedì 21 settembre 2017, dalle 18 alle 20,30, Davide Gallo arte contemporanea ha il piacere di inaugurare la mostra personale dell’artista Adeela Suleman, dal titolo “From Ruins to Rust”. Prima di una serie di mostre che per tutto il 2017/18 la galleria desidera dedicare alle donne artiste, al loro lavoro intellettuale, politico, filosofico.
Nata a Karachi nel 1970, dopo una carriera oramai universalmente nota, che include prestigiose mostre internazionali, la Suleman giunge a Milano con un nuovo corpo di lavori. Per l’artista non esiste una linea di demarcazione tra il “quotidiano” e la “storia”, tra il macrocosmo della politica globale e il microcosmo della vita di tutti i giorni. Ecco che da sempre, utilizzando oggetti di uso quotidiano, la Suleman costruisce istallazioni, sculture che rimandano e denunciano fatti del nostro tempo. In una prima fase l’artista utilizzava ad esempio, pentole, coperchi, stoviglie, normali oggetti da cucina trovati nei mercati di Karachi, per creare elmetti, strutture protettive da indossare, metaforicamente, per difendere il capo… la difesa dalla violenza, da un eventuale attacco, è un elemento molto presente nell’opera della Suleman.
Successivamente ha elaborato altre formule linguistiche, ma sempre senza mai dimenticare l’origine “quotidiana” della materia usata, come per esempio una lega di acciaio leggero adoperata in Pakistan per creare plaquette decorative per auto e scooter, con cui l’artista ha realizzato sculture a muro dalle complesse iconografie, che rimandano sia alla mitologia induista, che a quella mussulmana e talvolta cristiana. Bisogna sottolineare che nel lavoro della Suleman ha molta importanza la questione dello scontro-incontro tra culture e religioni diverse. Il subcontinente indiano è storicamente terra di scontro tra mussulmani e induisti, e le opere della Suleman evocano l’idea -la speranza- di un nuovo melting pot culturale che sappia essere sovranazionale e interreligioso. Ultimamente la Suleman, in modo ironico e sagace, approccia ancora una nuova esperienza estetica: raccogliendo vecchi piatti da esposizione, interviene, decorando ulteriormente la parte interna con figure tratte dall’immaginario cavalleresco, sia occidentale che orientale.
Nell’eterno scontro tra occidente e oriente, tra crociati ed infedeli, tra culture diverse, il piatto, l’oggetto comune, ironicamente investito di esperienza comunicativa, denuncia l’assurdità, il grottesco di questa lotta che non è una lotta tra bene e male, come l’élite politiche da sempre hanno volto farci intendere, ma una lotta tra le due facce della medesima medaglia, cioè la violenza, la prevaricazione, lo sfruttamento ideologico per l’interesse economico. Cavalieri islamici, i mitici Mubarizuns, affrontano cavalieri crociati in scontri tanto violenti quanto grotteschi, non c’è vinto né vincitore ma solo la violenza che giustifica se stessa. E in conclusione, citando l’artista: “Il mio interesse è cresciuto nella tensione tra la bellezza naturale, la violenza sempre presente, e il caos che sembrano essere un impianto permanente dell’intera umanità, delle culture, delle religioni e della storia stessa. Il ciclo continuo e crescente della violenza e degli sconvolgimenti che colpiscono il Pakistan non solo sta lasciando il segno nella consapevolezza e nei ricordi degli individui, ma ha cominciato a penetrare in ogni spazio e paesaggio delle esperienze quotidiane del cittadino, e della coscienza collettiva.”
La mostra sarà visitabile tutti i giorni dal 22 al 30 settembre, dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 19. Dal 3 ottobre al 10 novembre per appuntamento.